L’ANIMALE

Di e con Emanuela Bianchi
Testo di Roberto Alessandrini

Sinossi

L’ANIMALE

Di e con Emanuela Bianchi
Testo di Roberto Alessandrini

Sinossi

Sinossi

Delicato e intimo, atmosfera come in un dipinto di Georges de la Tour.

È una voce di donna quella che sentiamo, eco delle altre voci in attesa dei loro uomini, che sono via per uccidere l’animale. Un voce che viene dall’ombra, dal passato, da un tempo sprofondato in una sera scura, senza luce. Sembra una vita tanto lontana dalla quotidianità del XXI secolo, ma quanto di ciò che ascoltiamo urla ancora nei cuori di donne che continuano a sentirsi imprigionate da un sistema di valori e prassi che non tengono conto della sua stessa identità di donna?

“Noi viviamo qui da sempre, noi non cambieremo mai, noi siamo come un libro già scritto e nessuno si prenderà mai la briga di sottolinearci con la matita rossa, noi siamo il dovere, noi siamo già eterne”.

“Noi viviamo qui da sempre e non abbiamo mai avuto bisogno di sapere di treni, di città, di geografia. L’uomo ha finito il suo racconto. Domani, subito dopo l’alba, riprenderà la strada da dove è venuto. Noi aspetteremo i nostri uomini, che domattina ritorneranno con l’animale ucciso. E faremo quello che abbiamo sempre fatto. Perché noi siamo un libro già scritto e nessuno mai si prenderà la briga di sottolinearci con una matita rossa. Noi non cambieremo mai. Come dice il prete, noi siamo già eterne. Nel nostro dovere che non fa rumore, noi siamo già la pietra sul nostro cumulo nel cimitero del paese. Siamo la lastra bianca con la croce, il nostro numero di quando siamo nate e quello di quando moriremo.
Eppure questa è una sera diversa dalle altre. Le luci delle stanze ai piani di sopra restano accese più a lungo, ma poi si spengono. Si spengono tutte, tranne la mia. Mi guardo i piedi. Non me li sono mai guardati. Sono belli i miei piedi? Davvero sono così belli?”.

Un lavoro sul disincanto, sulla rivelazione e sul suo potere di cambiamento, il fascino della rivelazione.

Sinossi

Delicato e intimo, atmosfera come in un dipinto di Georges de la Tour.

È una voce di donna quella che sentiamo, eco delle altre voci in attesa dei loro uomini, che sono via per uccidere l’animale. Un voce che viene dall’ombra, dal passato, da un tempo sprofondato in una sera scura, senza luce. Sembra una vita tanto lontana dalla quotidianità del XXI secolo, ma quanto di ciò che ascoltiamo urla ancora nei cuori di donne che continuano a sentirsi imprigionate da un sistema di valori e prassi che non tengono conto della sua stessa identità di donna?

“Noi viviamo qui da sempre, noi non cambieremo mai, noi siamo come un libro già scritto e nessuno si prenderà mai la briga di sottolinearci con la matita rossa, noi siamo il dovere, noi siamo già eterne”.

“Noi viviamo qui da sempre e non abbiamo mai avuto bisogno di sapere di treni, di città, di geografia. L’uomo ha finito il suo racconto. Domani, subito dopo l’alba, riprenderà la strada da dove è venuto. Noi aspetteremo i nostri uomini, che domattina ritorneranno con l’animale ucciso. E faremo quello che abbiamo sempre fatto. Perché noi siamo un libro già scritto e nessuno mai si prenderà la briga di sottolinearci con una matita rossa. Noi non cambieremo mai. Come dice il prete, noi siamo già eterne. Nel nostro dovere che non fa rumore, noi siamo già la pietra sul nostro cumulo nel cimitero del paese. Siamo la lastra bianca con la croce, il nostro numero di quando siamo nate e quello di quando moriremo.
Eppure questa è una sera diversa dalle altre. Le luci delle stanze ai piani di sopra restano accese più a lungo, ma poi si spengono. Si spengono tutte, tranne la mia. Mi guardo i piedi. Non me li sono mai guardati. Sono belli i miei piedi? Davvero sono così belli?”.

Un lavoro sul disincanto, sulla rivelazione e sul suo potere di cambiamento, il fascino della rivelazione.